Mina e Fabrizio De Andrè - La canzone di Marinella - Video
PUBLISHED:  Aug 04, 2013
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"La canzone di Marinella" (1964) ha una storia che merita di esser narrata. L'ispirazione pare sia scaturita da una notizia di cronaca: una prostituta sedicenne gettata nella Bormida da un criminale. La crudezza della vicenda è trasfigurata dall'artista in una favola delicata e struggente: nasce, così, il primo brano suo maturo, dove musica e testo delineano i tratti di una malinconica ballata popolare. Incisa dapprima nel '64 da De Andrè, la canzone passa inosservata.
Deluso da questa e da altri insuccessi professionali, Fabrizio medita di far ritorno ai propri studi di giurisprudenza, ma ecco che Mina lancia nel 1968 la sua versione del pezzo, che ottiene grande successo.
"La canzone di Marinella" viene ripresa da De André, con varie cose del passato ("La ballata dell'eroe", "Amore che vieni, amore che vai", "La ballata del Michè") e varie nuove ("Il testamento, "Il gorilla"; quest'ultima, da Brassens) in "Volume III" (1968).
Tra le tante interpretazioni ultime spicca quella che, proprio in duetto con Mina, De Andrè proporrà nel 1997 e che si trova nella raccolta "M'innamoravo di tutto".

A proposito del suo duetto con Mina, Fabrizio De Andrè dichiarò in un'intervista a Vincenzo Mollica: "Ci vuole proprio un bel coraggio a cantare con Mina "La canzone di Marinella", perché la sua voce è un miracolo. Credo che lei sia nata con la musica nel dna, è come se avesse avuto una memoria prenatale della musica. Questo è un fenomeno tipico della genialità: quello di sapere prima di conoscere. Te ne accorgi quando la senti cantare perché le sue evoluzioni vocali, le picchiate, i glissati, i grappoli di note in brevissimi intervalli di tempo, le svisature della melodia sono assolutamente spontanee".



Questa di Marinella è la storia vera
che scivolò nel fiume a primavera
ma il vento che la vide così bella
dal fiume la portò sopra a una stella

Sola senza il ricordo di un dolore
vivevi senza il sogno di un amore
ma un re senza corona e senza scorta
bussò tre volte un giorno alla tua porta

Bianco come la luna il suo cappello
come l'amore rosso il suo mantello
tu lo seguisti senza una ragione
come un ragazzo segue un aquilone

E c'era il sole e avevi gli occhi belli
lui ti baciò le labbra ed i capelli
c'era la luna e avevi gli occhi stanchi
lui pose la mano sui tuoi fianchi

Furono baci furono sorrisi
poi furono soltanto i fiordalisi
che videro con gli occhi delle stelle
fremere al vento e ai baci la tua pelle

Dicono poi che mentre ritornavi
nel fiume chissà come scivolavi
e lui che non ti volle creder morta
bussò cent'anni ancora alla tua porta

Questa è la tua canzone, Marinella,
che sei volata in cielo su una stella
e come tutte le più belle cose
vivesti solo un giorno , come le rose

e come tutte le più belle cose
vivesti solo un giorno come le rose.
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