PUBLISHED: Apr 15, 2015
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da "Acqua azzurra, Totò Riina" (Le Narcisse/Goodfellas, 2015)
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“Come posso farcela” si chiedeva un ragazzo nascosto in una lavanderia abbandonata, il 19 agosto del 1944 alle due del mattino, mentre i tedeschi si chiudevano intorno al ghetto di Varsavia.
Era ferito a una gamba, aveva dormito per due giorni e due notti in preda alla febbre alta e allo sconforto, urlando e delirando per il dolore.
Goebbels vuole fare un regalo ad Hitler.
“Ti massacro il ghetto in una notte, te lo prometto e tu sarai fiero di me.”
Era scivolato in quel seminterrato proprio mentre un uomo cadeva in ginocchio accanto a lui, un braccio che volava lontano, l'altro teso con forza verso l'alto, la mano che aspettava quegli aiuti che sarebbero arrivati troppo tardi.
Londra: nessuna risposta.
Mosca: nessuna risposta.
Parigi: nessuna risposta.
A Varsavia combattevano da giorni, senza acqua né cibo né munizioni, difendendo selvaggiamente ogni casa, ogni vita, ogni speranza.
“Perdiamo un uomo ogni due fucili, perdiamo un uomo ogni due fucili!”
E quel ragazzo piangeva forte, ma non piangeva perché aveva paura, piangeva perché non era mai stato giovane, non era mai stato un soldato e non sapeva cosa fosse; ma quando guardò quelle lenzuola gli sembrarono vele, ne scelse una e corse fuori, perché non ci si salva mai senza l'aiuto di qualcuno, ma si può e si deve resistere, in qualsiasi condizione.