"Vita Tranquilla" - Tricarico (Sanremo 01.03.2008) - Video
PUBLISHED:  Feb 14, 2011
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La Resistenza Di Tricarico
di Matteo Anastasi

"Sanremo (29 febbraio) - Due occhi blu spalancati e i capelli sparati, le risposte ponderate, talvolta non date, finite in silenzi lunghi e meditativi. Tricarico sembra una creatura appartenente ad un'altra dimensione, caduta sul palco dell'Ariston per sbaglio, smarrita e sbigottita dal clamore attorno, infastidita dalle luci, dalle battute da copione, piombato dentro uno schermo che a casa sua sceglie di non vedere (non ha la televisione). E' l'inaspettato, il sorprendente, la verità che irrompe sul palco delle artificiosità, della falsità. Debole e superiore, indifeso e quasi offensivo, si mostra per come è, senza strafottenza. Uno insomma che, se non gli va, non ci sta. Ha stonato eppure ha emozionato, incantato. «Provengo dalla musica classica dove la dissonanza non è un errore. Credo che la stonatura sia una forma espressiva, l'intonazione perfetta non la ritengo importante. Con questo non voglio giustificare la mia performance, anzi ambisco comunque a migliorare, solo che non sono legato alla perfezione. Preferisco l'imperfezione perché è pulsante e trasmette vitalità»."

articolo di Simona Orlando
da Il Messagero

E' lui.

Questo ragazzone alto, trascurato, ipnotico.

Questa figura esile, allampanata, fragile.

Questo personaggio disturbato, straniante, stordito.

Questo cantante emozionato, stonato e straziante.

E' lui, Francesco Tricarico: l'emblema della resistenza contemporanea, un modello di opposizione sociale.

Vederlo, rassegnato e impassibile, scendere la scalinata del palco del Teatro Ariston di San Remo, come un alieno incredulo che precipita dal cielo.

Vederlo, atarassicamente assente e disinteressato, lontano miliardi di anni luce da quello che accade intorno a lui, sprofondare in un mutismo ostinato e disperato, un silenzio fatto di sguardi ora sprezzanti ora disperati, invocanti pietà.

Vederlo, impaurito e smarrito, visibilmente infastidito dalle lungaggini delle presentazioni e dei siparietti, soffocato dalla invadente tracotanza antica di un pippobaudo e dalla finta irriverenza moderna di un pierochiambretti.

Vederlo resistere, con noncuranza e sprezzo del pericolo, al conformismo buonista e benpensante, alla volgarità e alla demenzialità urlata delle battute obbligate, delle risate assordanti, dei sorrisi di circostanza, delle strette di mano, delle pacche sulle spalle.

E poi guardarlo cantare, sentire la passione e il terrore che lo scuotono, l'emozione che gli fa a pezzi la voce, lo costringe a stonare così vistosamente, gli fa tremare le mani, gli paralizza le gambe. "L'esecuzione di Tricarico è da mozzare il fiato. Sul palco di San Remo i sorrisi dei cantanti, la loro ordinaria presentabilità, le voci curate o sussurrate o urlate o banalmente straziate e comunque sempre standard sono il sicuro passaporto per l'anonimato artistico fuori dal palco del Festival. Tricarico è tutto il contrario: sbanda, trema, non sorride, non degna di uno sguardo né il pubblico né la telecamera e stona. Stona dall'inizio alla fine, ma lo fa con un'intensità, un'autenticità, una fragilità (e quindi una forza)" che rende la stonatura straziante "poesia del disagio", pura irruzione dell'anima nella voce. "Poi, finita la canzone, sbaglia anche l'uscita: a riprova del fatto che lui non era lì."

Tutto questo apre il cuore. Autorizza anche i più delusi e sconfortati a crogiolarsi per un attimo in un raggio di calore, di verità, di purezza.

Ho tremato quando Chiambretti e Baudo si avvicinavano a Tricarico. Avrei voluto gridargli: "lasciate stare Tricarico! Lasciatelo in pace! Fatelo cantare e basta!". Tricarico è di una sensibilità estrema, fragile oltre ogni immaginazione. E i due presentatori sono stati soffocanti, impietosi, di una insistenza martellante e crudele.

Eccolo là. Una creatura indifesa, vulnerabile, gettata in pasto a quel mostro divoratore insaziabile che è la televisione, precipitato in questo girone infernale, mondano, fastoso, così lontano dalla poesia scarna e immediata delle sue canzoni. Chiede un po' di decenza, di compassione. Un attimo di respiro, di tregua. Sembra che stia per mettersi a piangere. Il suo sorriso appena accennato maschera una esasperazione tacita e rassegnata. I suoi occhi paiono dire: "Vi prego, basta!". Uno sguardo così ingenuo, così candido, così sperduto da meritarsi l'applauso. Non si era mai visto all'Ariston un cantante così avulso dal contesto: un'introversione quasi commovente.

Quale altro antidoto si può immaginare di fronte ad una società così frenetica e asfissiante, dinanzi alla violenza dei media, dei sanremi, delle prime serate?

Tutto questo fa di Tricarico non solo la persona più viva, l'uomo più autentico e vero che sia comparso in televisione negli ultimi tempi, ma anche una forma di resistenza possibile alla brutalità del reale.

Matteo Anastasi
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