Giuseppe Verdi - Trovatore - Coro delle Religiose (Ah se l'error t'ingombra) - Video
PUBLISHED:  Mar 12, 2015
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Coro del Teatro Garibaldi - Maestro del Coro Alessandro Papini
Lucca - Festival di Pasqua 2009
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Il Coro nell’opera verdiana è uno dei fattori più importanti e decisivi dell’azione melodrammatica. Si può fare a meno di tanti elementi (perfino dell’indispensabile aria del tenore, come accade in Nabucco; o dell’intreccio amoroso, come in Macbeth) ma non del coro.
Il coro è qualcosa di più di una componente musicale: è un elemento scenico, drammatico, registico, spaziale. Il Coro è spesso quello che dà profondità alla scena, che proietta l’immagine percepita dal pubblico nella terza dimensione. E questo mercé elementi musicali (come nel coro “Patria oppressa”, dove il coro si materializza poco a poco dalle nebbie della Scozia, fino a guadagnare il proscenio) ma anche grazie a precise indicazioni scenografiche, puntualmente presenti nel libretto.
Ognuno di questi elementi non è mai fine a sé stesso, ma compenetra gli elementi della narrazione drammatica, seguendo lo svolgersi della vicenda.
In nessun’altra opera se non nel Trovatore il coro traccia con così grande efficacia i contorni della scena, e traspone nel travaglio delle emozioni l’angoscia ed i lutti di un Medioevo aragonese oscuro e travagliato.
Nell’ambientazione scenica del Trovatore si possono distinguere costantemente non meno di tre piani prospettici; il coro è sempre presente nei due piani estremi.
Il primo livello si situa quasi sempre al proscenio, ed è riservato alle intenzioni e alle azioni belliche: i gitani che forgiano le armi apprestandosi alla battaglia, e che battono sulle incudini quasi per manifestare una maggior bramosia della pugna; i soldati di Luna, che pregustano la vittoria e il saccheggio (Pingue bottino certezza è rinvenir… si vinca!), gli accoliti di Manrico che brandiscono le spade levandole in alto (Di quella pira).
Il secondo piano è riservato alle passioni, alle vicende dei protagonisti; Manrico che fa la sua serenata nella notte, comparendo poi dalle quinte; il Conte, che nell’oscurità viene scambiato per lui, Leonora, che giunge dalla sua stanza: tutti questi movimenti giacciono in un continuum che insiste in quella terra di mezzo situata fra il livello della guerra e quello della ragione.
Quest’ultimo, infine, giace sullo sfondo, spesso fuori scena, ed è riservato ai cori dei religiosi (Miserere) e delle religiose (Ah se l’error t'ingombra), quasi a sottolineare come nel dramma di Gutierrez la pietà e il perdono non riescano mai a prendere campo.
Vi proponiamo un breve estratto del coro delle religiose, finale parte seconda, nell’interpretazione del Coro del Teatro Garibaldi di Figline Valdarno diretto da Alessandro Papini. Sul podio dell’orchestra Nuova Europa il maestro Alan Magnatta Freiles. È questa una registrazione dal vivo dal Festival di Pasqua di Lucca 2009, della quale apprezziamo la cura e le sonorità quasi cameristiche: il coro delle religiose, a cappella, è eseguito da sole dodici artiste del coro – tre per voce – mentre i soldati di Luna cantano il concertato a parti reali. La scelta punta a mantenere delle proporzioni aderenti alla trama: per rapire una suora dal convento si va in quattro, non in quaranta, altrimenti poi non vi sarebbe la sproporzione numerica in vantaggio di Urgel quando giungono gli uomini di Manrico. Chi scrive si vede davanti agli occhi il quadro di Egisto Sarri, che domina il salone dell’antico Palazzo Pretorio di Figline Valdarno, nel quale Alessandro De’ Medici, con un pugno di uomini, rapisce una suora dal convento.
La visione scenica del regista trasfonde in questa edizione di Trovatore – presentata anche al Teatro Comunale Garibaldi di Figline Valdarno nel 2010 – il rovinoso conflitto che ha luogo quando i tre piani scenico-sonori descritti in precedenza si sovrappongono e si scontrano: le suore cantano fuori scena, come prescrive Verdi, ma immediatamente tutta la sala dell’auditorium si trasforma nella chiesina del monastero; le religiose compaiono allora fra il pubblico, mentre lo stesso Conte viola le mura del convento. Infine giunge Manrico con i suoi, in numero soverchiante, a completare la fusione dei tre livelli nel drammatico finale d’atto.
Da apprezzare in questa versione la grande attenzione vocale della sezione femminile del Coro del Teatro Garibaldi, che mantiene la necessaria precisione e intonazione durante gli episodi a cappella, pur dovendo camminare ed incrociarsi nella platea e sulla scena.
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